Ebbene sì, Mosè balbettava, lo sapevi?
Non un pochino, una volta ogni tanto, tipo quella forma di balbuzie fisiologica che si manifesta quando siamo un pò emozionati, stanchi o stressati.
Niente affatto, balbettava proprio!
Incespicava, esitava, si stoppava fuori tempo, faceva tutte quelle cose lì, quelle che noi logopedisti conosciamo molto bene.
E niente, ha svolto lo stesso l’arduo compito di essere il profeta di Dio. Meglio ancora, è passato alla storia come il grande profeta inviato da Dio a liberare il suo popolo dalla schiavitù dell’Egitto.
Ovvero, detto in chiave moderna, ha guidato un gruppo di persone che avevano con lui qualcosa di importante in comune, a superare le loro angosce, ansie e paure che li tenevano incatenati ad un padrone severo e limitante, verso una realtà nuova di maggiore libertà e gratificazione.
“Ma sei sicura che fosse proprio balbuziente – balbuziente”?
Se hai letto qualche versione aggiornata della Bibbia puoi facilmente verificare anche anche tu. Sembra sia proprio così.
E non so a te…ma a me questa osservazione mi lascia sempre riflettere. Mi interroga sul senso del mio lavoro di logopedista, con una mentalità orientata a stabilire i criteri dell’ “ortofonia”, del “giusto modo” di fonare, parlare, comunicare.
Ma esiste davvero “un giusto modo” di parlare? intendo giusto per tutti. E’ giusto sempre intervenire in modo così rigoroso sugli strumenti fisici che abbiamo per comunicare?
Ecco, il punto probabilmente è proprio questo. Noi, popolo di logopedisti, siamo proprio affezionati allo strumento. Adoriamo studiare, capire come funzionano muscoli, cartilagini, organi deputati alla fonazione, come interagisce il corpo con la mente, come funziona la memoria a breve termine, a lungo termine, come tutto ciò interagisce con linguaggio, voce e apprendimenti e chi più ne ha più ne metta.
Anatomia, fisiologia e neuropsicologia in genere sono le nostre passioni e dallo studio di questi deduciamo come gli organi fonatori devono funzionare correttamente, secondo criteri chiari e definiti.
Ecco, cerchiamo proprio continuamente questi criteri di chiarezza, possibilmente molto ben definiti.
Il problema sorge quando casi come questo di Mosè, che potremmo definire un abilissimo comunicatore balbuziente, ci dimostrano che non tutto necessita di essere perfettamente funzionante per poter essere un buon comunicatore.
Il caso di Mosè, in questa suo far riflettere, mi ricorda un pò la storia di Einstein che iniziò a parlare a quattro anni e mezz, tanti casi di geni in vari settori che sappiamo essere stati dislessici (Leonardo Da Vinci se non sbaglio, dico bene?), il sigmacismo di Jovanotti, che ci provoca continuamente diversi tipologie di “fastidio logopedico”, fino ad arrivare a diversi cantanti pop moderni chiaramente disfonici, che senza la loro disfonia probabilmente non sarebbero famosi.
Insomma, tutte situazioni che un pò ci irritano. Ci suscitano una sorta di indignazione. “Vedi che Tizio, vedi che Caio non fa bene quella cosa, se solo potessi metterci le mani io, tutto funzionerebbe molto meglio!” 🤓
Vabbè, forse ho un pò esagerato per rendere bene l’idea…ma in fondo…tu non hai mai provato questa sensazione di fastidio?
Bene, molto bene per te. Sei fuori dal giro di quelli che chiamo “logopedisti bacchettoni”. Quelli che pensano di dover intervenire sempre e comunque a ristabilire l'”ordine comunicativo prestabilito” anche quando non è il caso.
(Il più eclatante caso di logopedista bacchettone in logopedia vocale è quello sempre pronto ad impostare la giusta respirazione a tutti, senza esclusione di colpi)
E quale sarebbe il caso in cui non è necessario intervenire in modo così definito?
Non so tu cosa ne pensi, io mi sono fatta un’idea. Che ora condivido qui con te in forma molto confidenziale, poco accademica, veramente da “bar del logopedista”. Prendila così.
Siamo troppo focalizzati sullo strumento e poco sul risultato comunicativo.
Nella riabilitazione vocale questo principio è ormai chiaro da anni, il focus attentivo , per essere efficace deve essere esterno. Ti devi focalizzare su “dove vuoi che la voce arrivi” e non sul luogo da cui parte. (Anche se tu ti stai prendendo cura proprio del luogo da cui parte, ovvero la laringe, ndr)
La visione logopedica dell’atto comunicativo deve essere più ampia. Deve includere anche il contenuto del messaggio in rapporto al risultato che vuole raggiungere.
Il logopedista “bacchettone” (perdonami il termine poco carino) guarda solo lo strumento.
Il logopedista di ampie vedute (a me piace definirlo logo-coach) guarda COME lo strumento- il contenuto- il risultato interagiscono tra loro.
Se il risultato, (ovvero il fatto che il mio messaggio sia arrivato nel giusto modo dove desidero farlo arrivare) è efficace, allora è possibile anche sacrificare la perfezione dello strumento.
E questo accade prevalentemente quando il messaggio è ricco di emozioni strabordanti.
Se hai fatto già un corso con me, forse alcuni passaggi ti risulteranno più chiari.
In caso contrario …spero che questa piccola riflessione sul profeta balbuziente ti sia stata in qualche modo utile.
Ti auguro un proficuo tempo di meditazione quaresimale.
Enjoy your speech
P.S.
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Grazie per avermi seguita fin qui. Alla prossima.
Federica Avolio