Metodo Pilates, un pò di storia…

Il metodo Pilates consiste in un allenamento fisico strutturato in una serie di esercizi a complessità crescente di cui l’obiettivo principale è ritrovare il benessere fisico e mentale attraverso dei movimenti di coordinamento tra postura e respirazione finalizzati a ritrovare muscolatura tonica ed articolazioni più elastiche.

Anche detto “Yoga in movimento”, il metodo porta il nome del suo ideatore J.H. Pilates, nato da un ginnasta greco e una naturopata tedesca, dall’aspetto gracile e salute cagionevole, i suoi primi esercizi nascono per il suo desiderio di ritrovare forma fisica ed energia vitale.

Ci riuscì, al punto tale da diventare, a 14 anni, modello per il disegno di tavole anatomiche e questa sua esperienza lo convinse che l’allenamento fisico, posturale e respiratorio da lui ideato potesse aiutare molte persone in difficoltà a ritrovare la propria energia vitale.

Ne ebbe conferma quando fu fatto prigioniero durante la prima guerra mondiale a Lancaster.

Decise di non subire passivamente quella situazione e organizzò un allenamento fisico per sé e i suoi compagni di prigionia.
Si propose come guida, forte dell’esperienza avuta da ragazzino.
Già era riuscito a ritrovare la sua forma fisica ed era molto intenzionato a mantenerla e ad aiutare i suoi compagni a resistere all’angoscia psico-fisica a cui li costringeva la prigionia.
I risultati furono oltre le sue aspettative.

Una volta tornato in Germania lavorò come allenatore in polizia e poi decise di trasferirsi negli Stati Uniti, dove aprì il suo studio, codificò il suo metodo e lo descrisse in un libro dedicato a questa prima parte del suo lavoro “Return to life trhough Contrology”.

Dal suo studio di New York il suo metodo fu rivisto, approfondito e poi gradualmente diffuso davvero ovunque (anche tu hai una palestra vicino casa dove fanno corsi di Pilates, vero?) grazie alle sue intuizioni molto avanti sulle conoscenze del suo tempo e grazie al desiderio di diffondere benessere e vitalità a chi ne fosse venuto a conoscenza.
E cosa mai potrebbe interessare a noi logopedisti o a chiunque lavori con la voce tutta questa bella storia?

 

Principi del metodo e il lavoro della Power House

L’allenamento Pilates si svolge tenendo presente i suoi principi di base, ovvero:

1) Concentrazione.
È necessario dirigere il proprio focus attentivo sul qui ed ora del movimento che si sta eseguendo. Questa necessità rende questo allenamento adatto a migliorare la consapevolezza del proprio corpo e delle posizioni che assume nello spazio.

2) Controllo.

La diretta conseguenza della concentrazione sarà l’autoascolto del proprio corpo e dunque il pieno controllo dei movimenti.

3) Baricentro, il centro della forza

Pilates definì Power House, ovvero la casa della forza, l’area muscolare compresa tra il diaframma respiratorio e il diaframma pelvico che lavorano in sinergia energetica.
Tale cintura è individuata dai muscoli addominali (retto dell’addome, trasverso e obliqui) muscoli lombari e dorsali, multifido, muscoli perineali, glutei e muscolo diaframma.

La Powerhouse genera energia se si lavora rispettando gli allineamenti della cornice del corpo (frame o box) costituita superiormente dalla linea che attraversa le spalle e inferiormente dalla linea che attraversa le creste iliache, dunque il bacino. Tale cornice risulta suddivisa a metà da una linea centrale immaginaria che suddivide il corpo in due parti simmetriche.

4) La Fluidità

Dal controllo e la concentrazione del lavoro sulla Powerhuse si genererà un’energia capace di rendere i movimenti fluidi, ovvero non rigidi e neanche contratti o ipotonici, nè troppo lenti e neanche troppo veloci.
La ripetizione di questi movimenti lì renderà sempre più fluidi e armoniosi, disperdendo la rigidità muscolare o rinforzando l’ipotonicità.

5) La Precisione

I movimenti si andranno ad eseguire con la naturale conseguenza della concentrazione, del controllo e dell’attivazione energetica del baricentro, ovvero con precisione, che ovviamente aumenterà gradualmente insieme a tutti gli altri principi ricercati dal metodo.

6) Respirazione.

In ogni esercizio la respirazione non è lasciata al caso piuttosto l’inspirazione e l’espirazione vengono coordinate con il movimento in modo da modulare l’estensione del diaframma e ricercare l’allungamento delle sue fibre spesso contratte e stimolare una respirazione completa dove si cerca di liberare il corpo dalle tossine, prodotto di scarto della respirazione.

Quali connessioni con il lavoro sulla voce?

Il soggetto disfonico, ovvero con problematiche relative alla modalità con cui produce la voce, sembra ingabbiato in schemi motori rigidi e compensativi di cui non riesce a liberarsi.
Questa gabbia di tensioni muscolari sembrano in parte derivare da schemi motori rigidi dovuti ad alterazioni posturali, in parte accentuati da stress e stati emozionali che in qualche modo influenzano il ritmo della respirazione e dell’eloquio.

Il tutto può risultare aggravato dal carico vocale a cui, per esigenze professionali, talora si è sottoposti.

Il soggetto disfonico è un po’ il prigioniero del carcere dove è stato rinchiuso Pilates.

Non sa come reagire a quella situazione rigida dove tutto sembra pesante e faticoso.

Il circolo vizioso di sforzo vocale [Le Husche, “La Voce”, ]

La disfonia ( alterazione permanente di uno o più parametri della voce) è stata descritta dal celebre studioso della voce Le Huche negli anni ’90 come

generata da uno schema motorio alterato che definiva “circolo vizioso dello sforzo vocale”.

Ecco i punti principali

1) Perdita della verticalizzazione

L’uso del meccanismo della voce di pericolo comporta infatti la flessione della porzione toracica della colonna vertebrale che rinforza l’abbassamento costale ad impugnatura di pompa.
Per compensazione il soggetto tende a verticalizzare la testa (flettendo il collo), spostando quindi il mento in avanti.
Si prende così la postura caratteristica del soggetto che forza la propria voce: affossamento toracico, arrotondamento del dorso e spostamento del mento in avanti. Queste tre caratteristiche tendono ad accentuarsi ad ogni emissione vocale.

2) Tensioni

L’infossamento toracico e la protusione del mento provocano uno stiramento della muscolatura che collega il mascellare inferiore alla laringe (muscoli sovraioidei) e la laringe al manubrio sternale (muscoli sottoioidei). I movimenti di salita e di discesa della laringe, necessari all’articolazione della parola(vocali), si trovano allora ostacolati e necessitano per questo motivo di ulteriore sforzo, da cui una tendenza alla tensione reattiva di tutti i muscoli che intervengono nell’articolazione della parola.
Tale tensione articolatoria non tarda a diffondersi alla muscolatura del viso così come alle membra superiori e quindi alla globalità del corpo.

Se hai voglia puoi vedere questa videolezione dove entro un pò più nel dettaglio in questo argomento

 

La postura in ancoraggio. [F.Fussi, E.Turlà “Il trattamento delle disfonie, una prospettiva per il metodo voicecraft “]

Molto importante è l’approccio al controllo tra testa e collo e tra collo e spalle nelle tecniche definite di ancoraggio che sono un modo diverso e pratico di considerare l’allineamento posturale, soprattutto il suo controllo in settori tonali acuti e sovracuti o per l’esecuzione di ampi intervalli, come anche per favorire la stabilità laringea nel parlato ad alta espressività prosodica, cioè caratterizzato da ampie variazioni di intensità e frequenza…
L’ancoraggio implica propriocezione di lavoro in verticalità del vocal tract e sembra anche cooperare indirettamente al corretto appoggio respiratorio. Ciò avviene attraverso la gestione di due figure differenziate: l’ancoraggio tra testa e collo, corrispondente al mantenimento della verticalità di vertice e l’ancoraggio tra collo e tronco, corrispondente al controllo dei meccanismi di appoggio e sostegno respiratorio attraverso l’attivazione dei muscoli quadrato dei lombi, gran dorsali, obliqui, costali esterni, pettorali.
In generale i due ancoraggi operano rendendo più stabile la voce e riducono l’affaticamento fonatorio, purchè siano posture integrate all’emissione vocale per mantenere un tono muscolare senza rigidità.

Gli esempi potrebbero essere davvero tanti, ma credo che questi bastano

 comprendere quanto il lavoro sulla PowerHouse, (ovvero sulla sinergia dei muscoli perineali, addominali e lombari)

unito al lavoro sul diaframma attraverso il respiro coordinato, possa portare beneficio anche alla voce.

Tuttavia…manca un pezzo! Il più importante per la VOCE!

L’immagine della cornice (frame) descritta da Pilates, si può allargare fino ad integrare la piccola, ma incredibilmente attiva “scatola della voce” (laringe) e coordinare i suoi movimenti sull’asse verticale (muscolatura estrinseca) e orizzontale (muscolatura intrinseca) con il resto del lavoro già codificato da Pilates.

Un piccolo pezzo del puzzle, che diventa fondamentale per adattare parte del lavoro Pilates a quello sulla voce!

In effetti ho cercato di rendere questa sinergia di lavoro tra postura, respiro e voce sempre più efficace proponendo un lavoro simultaneo sull’ attivazione dei tre diaframmi, pelvico, respiratorio e laringeo.

Il Pilates Vocale è un laboratorio pratico in cui propongo di sperimentare praticamente questo lavoro di ascolto e propriocezione della muscolatura coinvolta nella produzione vocale per liberarla dalle tensioni e allargare gli orizzonti oltre le rigidità strutturate nel corpo, modulando contemporaneamente postura, posizioni del corpo, respiro e voce.

E tu cosa ne pensi?

Mi interessa sapere il tuo parere, lascia un feedback nei commenti o condividi questo articolo se lo ritieni interessante!

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https://federicavolio.it/pilates-vocale/

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Ti aspetto!

Enjoy your voice.

Federica Avolio

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